martedì 20 marzo 2018

Un'immagine, una storia #3.

Ciao lettori, come state?
Come sapete, a inizio anno ho dato il via ad una nuova rubrica a cui tengo particolarmente: si tratta di Un'immagine, una storia.
In poche e semplici parole consiste nel cercare in internet immagini scegliendo quelle che più mi colpiscono.
Dopo averle salvate e riguardate attentamente lascio che la mia fantasia faccia il resto, inventando di sana pianta una storia ispirata proprio a quell'immagine.
Chiedo venia perché le storie sono completamente inventate da me, miei sono i personaggi e mio lo stile della scrittura. 
Spero che questa rubrica riscuota abbastanza successo perché ci tengo davvero moltissimo.
Ecco quindi per voi la terza delle 12 storie che pubblicherò, in questa rubrica, nel corso dell'anno, questa parla di vampiri, amore e disperazione.


Buona lettura.


Amore eterno.


1790 Scozia.

Deanna incrociò lo sguardo della serva e le regalò un sorriso nervoso prima di tornare a guardare il proprio riflesso nello specchio, cercando di rilassarsi sotto le spazzolate lente della donna che si stava occupando dei suoi capelli.

Signorina Deanna non avete ragione di essere nervosa, siete bellissima come sempre. Sono certa che farete un figurone al ballo di questa sera.” tentò di rassicurarla la donna posando la spazzola e dando un ultimo tocco con le dita.

La giovane si guardò nuovamente nello specchio ma tutto ciò che vedeva era una ragazza dalle guance rosee, un viso sottile, occhi grandi di un nocciola quasi dorato incorniciati da una lunga cascata di boccoli rosso ramato. Niente traccia della bellezza sbalorditiva che tutti decantavano quando parlavano di lei.
Tornò a guardare la donna attraverso lo specchio con aria sconsolata.

Josephine guardami, sono tutto fuorché bellissima. Sono certa che durante il ballo inciamperò nei miei stessi piedi e stramazzerò al suolo come un sacco di patate.”

La serva la invitò ad alzarsi e le carezzò il viso dolcemente, nonostante Josephine fosse una delle numerose serve della famiglia McAdams, aveva instaurato con Deanna un rapporto che andava oltre quello tra serva e padrone , si poteva più paragonarla ad una zia.

Signorina vorrei tanto che lei potesse vedersi con occhi esterni, si renderebbe conto di quanto affermo.” le disse con il dispiacere nello sguardo, odiava quando Deanna si sminuiva e si dimostrava insicura di se stessa.
In realtà la sua bellezza era tra le più rare ma lei nemmeno se ne accorgeva.

Qualcuno bussò alla porta interrompendole.
Tesoro non farti attendere molto, sono già arrivati quasi tutti gli invitati, aspettano solo di vederti.” la voce della madre filtrò attraverso lo spesso legno della porta.

Fammi gli auguri Josephine e prega affinché non faccia una delle mie solite figuracce.” disse alla donna prima di dirigersi verso la porta e recarsi di sotto nel grande salone del castello.


Deanna si guardò attorno sentendosi fuori luogo.
Sebbene si fosse accorta degli sguardi ammirati dei presenti si sentiva a disagio in quel vaporoso abito verde smeraldo, soffocata dallo stretto corsetto e i piedi che cominciavano a dolerle nelle scarpe scomode.
Fece un passo indietro per permettere al cameriere con il vassoio del vino di passare e la sua schiena urtò qualcosa di solido facendola trasalire.
Si voltò sorpresa e si ritrovò faccia a faccia con un uomo dallo sguardo azzurro più limpido che avesse mai visto in una persona.
Guardando in fondo a quegli occhi chiari la sensazione di disagio crebbe inspiegabilmente.

M-mi scusi...” balbettò incapace di distogliere lo sguardo.

L'uomo, dopo essersi preso tutto il tempo per osservarla da capo a piedi, fece un sorriso malizioso e disse con voce vellutata: “La signorina Deanna immagino. Mi avevano parlato di quanto la sua bellezza fosse fiorente ma, vedendola di persona, posso affermare che non esistono parole per descriverla senza sminuirla.”
Deanna arrossì violentemente distogliendo lo sguardo imbarazzata.

Mi scusi, sono stato troppo sfacciato forse, le chiedo perdono.” si scusò l'uomo sempre guardandola con quell'aria maliziosa che la spaventava e allo stesso tempo rendeva euforica.

Le posso offrire un bicchiere di vino in terrazza? Questa confusione mi ha fatto venire il mal di testa.” propose il ragazzo cercando un cameriere con lo sguardo.

Ecco io...non...” Deanna provò ad inventare una scusa su due piedi ma non era mai stata capace di mentire, nemmeno da piccola.
Ma il ragazzo non parve nemmeno sentirla mentre si dirigeva verso il cameriere, prendeva due calici dal vassoio e gliene allungava uno.

Grazie...” riuscì solo a dire lei prima che lui le appoggiasse una mano sulla schiena incamminandosi verso la terrazza.
Deanna trasalì, la mano dell'uomo era terribilmente fredda nonostante il tessuto che la divideva dalla sua pelle.

Mentre sorseggiava il vino la giovane sbirciò la figura snella e le spalle larghe del ragazzo mentre le dava la schiena appoggiandosi al parapetto e inspirando la piacevole brezza di metà maggio.
Non si poteva certamente non notare un uomo simile.
I tratti del viso mascolini eppure fini, i capelli scuri come l'ebano legati da un nastro blu in tinta con la giacca elegante che portava sopra una camicia bianca di seta, la vita snella e le lunghe gambe muscolose.
Il ragazzo si girò e, accorgendosi dello sguardo ammirato sul viso di Deanna, lasciò che un sorrisetto gli increspasse le labbra carnose.

Che maleducato, non mi sono nemmeno presentato. Sono Vladimir Xanders.” e detto questo fece un piccolo inchino prendendo la mano di Deanna e depositandovi un lieve bacio.

Deanna arrossì nuovamente eppure, nonostante l'imbarazzo non riuscì a sottrarre la mano dalla presa dolce di Vladimir. C'era qualcosa in lui che la incantava e allo stesso tempo la impauriva.
Non siete di queste parti vero?” gli chiese curiosa incastrando il suo dolce sguardo nocciola in quello gelido di lui.

Avete indovinato, vengo da un paese lontano in realtà ma ora non voglio annoiarla raccontandole della mia terra lontana, bensì voglio bearmi della sua bellezza e ascoltare la sua voce dolce.” disse il ragazzo avvicinandosi di un paio di passi sempre tenendole la mano.

Deanna retrocesse istintivamente finendo con la schiena contro il muro ma ancora incapace di sottrarsi alla stretta dell'uomo, ne di distogliere lo sguardo.
Il cuore prese a scalpitarle nel petto e la gola si seccò all'istante mentre lui si chinava su di lei socchiudendo gli occhi limpidi.

Adesso che succede?” si chiese la ragazza in preda all'agitazione.

Vladimir lasciò indugiare lo sguardo sulle labbra rosse di Deanna, le ciglia lunghe le solleticarono la guancia mentre lui si chinava ancora incontrando finalmente le sue labbra.
Sentendo le sue labbra fredde e dure sulle sue il primo istinto di Deanna fu quello di respingerlo e scappare ma, più il bacio si faceva insistente e più lei sentiva cadere la barriera della sua diffidenza finché non si lasciò andare completamente fra le braccia forti del ragazzo.
I baci si fecero sempre più intensi, mentre le gambe minacciavano di cederle, si aggrappò quindi a lui e si lasciò andare mentre Vladimir staccava il viso dal suo per riprendere fiato e guardarla dritto negli occhi visibilmente fuori controllo.
Non seppe dove trovò il coraggio ma questa volta fu Deanna ad alzarsi in punta di piedi facendo si che le loro labbra si incontrassero nuovamente.
Persa in nuove sensazioni mai provate prima, si accorse vagamente che le labbra di Vladimir avevano lasciato le sue per farsi spazio sulla guancia, scendendo verso la mandibola, per poi portarsi sul collo delicato della giovane.
Una volta lì Deanna si accorse con sorpresa che Vladimir le stava delicatamente leccando la carne tenera della gola scoperta, quasi come se volesse assaggiarla.
Si lasciò scappare un flebile mugolio mentre Vladimir le stampava un bacio proprio dove il suo cuore batteva forte attraverso le vene.
Poi d'improvviso un dolore acuto la attraversò come una scarica subito scacciato da un senso di confusione e libidine che non aveva mai provato prima d'ora.
Strinse i capelli morbidi di Vladimir e reclinò la testa all'indietro offrendogli maggior accesso alla gola in preda a brividi di passione, la mente sempre più annebbiata finché non fu tutto nero intorno a lei.


Deanna venne trovata svenuta sulla terrazza, febbricitante ed infreddolita dal padre che la portò immediatamente nella sua stanza, la coprì con le coperte più calde che trovò e impose alla servitù di vegliarla fino a quando non si fosse risvegliata.

I giorni passavano ma Deanna non accennava a svegliarsi, la febbre salì a limiti vertiginosi e la pelle si ricoprì di sudore freddo.
Il suo incarnato roseo iniziò ad assumere un pallore cadaverico mentre profonde occhiaie le incorniciavano gli occhi, il corpo sempre più freddo.
I dottori non sapevano quale fosse la malattia da cui era affetta Deanna, seppur avessero discusso con i medici più rinomati di tutta la Scozia. Dispiaciuti ed esausti dissero al conte e alla contessa McAdams che l'unica soluzione possibile era affidarsi alla fede e pregare Dio affinché guarisse la ragazza.


La prima cosa che Deanna vide quando aprì gli occhi fu il soffitto della propria camera.
Si tirò su lentamente guardandosi attorno, la luce che filtrava dalla finestra le dava fastidio agli occhi così se li coprì per un momento ma, quando tolse la mano, la situazione non era cambiata affatto.
Mugolando infastidita scese dal letto e si diresse in corridoio. Una calma innaturale aleggiava intorno a sé, se ne chiese il motivo. Sapeva che al castello vi era sempre lo scalpiccio della servitù impegnata nelle faccende di casa o semplicemente ad eseguire un ordine della madre o del padre.
Rimase immobile ma non captò nessun rumore, nemmeno il più flebile, il silenzio regnava sovrano.
Mentre camminava per il corridoio notò la porta di una delle camere aperte e quindi varcò la soglia per dare un'occhiata.
Un urlò le rimase incastrato in gola: vi erano 3 serve riverse a terra prive di vita, i volti pallidi e le labbra violacee, gli occhi sbarrati e vitrei rivolti al soffitto.
Corse via dalla stanza e si accasciò contro il muro reprimendo un conato contro la mano.
Cosa poteva essere successo?” si domandò mentre cercava la forza di reagire.
Doveva cercare i genitori, non era possibile che nessuno si fosse accorto della morte delle tre donne.
Si alzò tremante e proseguì lungo il corridoio fino alla stanza dei genitori, la porta spalancata e le impronte di sangue sul muro le dissero, ancor prima di vederne i corpi, che la stessa sorte era toccata anche loro.
La madre giaceva sul letto, il volto terrorizzato, il padre era steso a pancia in giù sul pavimento, forse aveva provato a strisciare in corridoio, forse cercava aiuto ma doveva essere morto nell'intento.
Entrambe mostravano due segnetti lividi alla base della gola come se qualcosa li avesse trafitti, forse un pugnale, o forse una forbice.
La cosa strana era che, a parte le impronte sul muro, non vi era traccia di sangue sui corpi.
Schockata dalla visione dei genitori morti e incapace di proferire parola per via della gola asciutta come il deserto, prese a correre per il castello con le mani nei capelli e le lacrime che le offuscavano la vista.
Scese le scale e ciò che trovò le ghiacciò il sangue nelle vene: il salone era cosparso di uomini e donne, chi riverso sui divani, chi a terra, chi addirittura sul tavolo, tutti morti e con quegli strani forellini nella gola.
Un massacro, ecco cos'era. Sempre più incredula e disperata scese ancora nelle cucine trovando lo stesso identico scenario.
Abbattuta si lasciò cadere a terra prendendosi la testa tra le mani.
Un flebile lamento, proveniente da dietro il bancone, le giunse all'orecchio.
Speranzosa si diresse in quella direzione e trovò Josephine, il volto pallido e le occhiaie violacee ma viva.

Josephine! Josephine cos'è successo?” le corse accanto carezzandole i capelli.

La donna sembrò fare fatica a metterla a fuoco ma quando finalmente la riconobbe una lacrima le scese dagli occhi.

S-stai lontano da me mostro!” urlò la donna in preda ai tremori.

Deanna scosse la testa.
Che cosa è successo? Chi ha fatto tutto questo?” le chiese stringendole la mano.

La donna ritrasse la mano e cercò invano di allontanarsi da lei.

Josephine ti prego dimmi cosa è successo!” le chiese nuovamente Deanna confusa.

Josephine si tirò a sedere appoggiando la schiena al bancone il più lontano da lei possibile.

S-sei stata tu mostro. Hai ucciso tutti quanti!” le urlò con rabbia e terrore.

Deanna si guardò attorno poi tornò a fissare quella donna che tanto amava.

I-io non ho fatto nulla, Josephine sei confusa e spaventata, la tua mente ti sta giocando un brutto tiro. Cerca di ricordare, chi ha fatto tutto questo? Quando?” le chiese implorante.

Ma Josephine si limitò a guardarla con odio stringendosi le ginocchia al petto.
La ragazza allora mosse un passo verso la serva per prenderle nuovamente la mano ma essa si ritrasse urlando.

Non mi toccare! Tu sei stata tu ad uccidere tutti, hai tentato di uccidere anche me!”

Ma non è possibile, non sono stata io! Come avrei potuto farlo?!” la testa cominciò a girarle e la vista si offuscò nuovamente, le gambe cedettero facendola cadere in ginocchio sul gelido pavimento.

Josephine prese a piangere più forte guardandosi attorno, ovunque corpi pallidi e accasciati scompostamente.

I-io non so cosa tu sia ma so bene ciò che ho visto. Tu, mostro, hai attaccato tutte queste persone e...” un profondo singhiozzo le spezzò la voce “e poi hai attaccato anche me. T-ti sei nutrita del loro sangue e poi hai attaccato anche me. M-mi hai...m-mi hai morsa e poi...poi...” s'interruppe incapace di continuare. Non ricordava cos'era successo dopo, i suoi ricordi tornavano nitidi solo qualche ora prima, quando si era risvegliata e aveva trovato il massacro intorno a sé.

M-ma io non posso averlo fatto...” mormorò Deanna più a se stessa che a Josephine. Nonostante questo però una sensazione strana si stava impossessando di lei, una sensazione che non le piaceva per niente.

Josephine prese a dondolare avanti e indietro singhiozzando.
N-non so cosa sei ne perché mi hai risparmiato ma devi andartene via! Vattene via mostro!” e dopodiché prese a strapparsi i capelli scuotendo la testa così forte che Deanna si stupì del fatto che non si staccasse dal collo.

Spaventata e confusa si alzò e corse via.
In corridoio vi era un grande specchio a parete intera che la madre aveva voluto un paio d'anni prima per il compleanno e in cui lei amava specchiarsi.
Tremante avanzò in modo da poter vedere il proprio riflesso, non sapeva cosa aspettarsi in realtà.
Quel che vide la spaventò a morte: riflessa nello specchio vi era una ragazza che le somigliava nelle fattezze ma che non poteva essere lei.
I lunghi capelli rossi erano annodati e sporchi, appiccicati alla fronte da quello che sembrava sangue secco che le sporcava anche la bocca scendendo giù per la scollatura della camicia da notte.
Gli occhi segnati da profonde occhiaie avevano perso la loro lucentezza ed ora apparivano spenti e vuoti.
E poi li vide: due segni lividi sul collo e si ricordò di Vladimir.
Un urlo disperato le uscì dalla gola, così forte da lederle irrimediabilmente le corde vocali.
Mostro!” la voce di Josephine le martellò la mente mentre prendeva atto di quel che era in realtà: un mostro.
Il gusto del sangue in bocca la fece vomitare proprio lì sul pavimento, stralci di ricordi apparvero vivi e prepotenti nella sua mente.
Persone che urlavano cercando di scappare e lei, che senza pietà ne aggrediva una dietro l'altra, prosciugandone il sangue e gettandoli a terra subito dopo.
Si mise una mano sul cuore credendo che le si sarebbe spezzato in petto, solo allora si accorse che il suo cuore vi giaceva silenzioso, nessun battito sotto le dita.

Perché io?!” urlò a se stessa o forse a Dio.


Non seppe per quanto tempo rimase stesa a terra a piangere, o almeno a provarci visto che anche le lacrime sembravano averla abbandonata per sempre.
Ma quando finalmente trovò la forza di alzarsi si diresse istintivamente al grande e pesante portone d'ingresso, non era più posto per lei quello, doveva andare via prima che qualcuno la trovasse.
Si girò un ultima volta a guardare l'interno del castello, quello che era stato da sempre la sua casa. Cosa avrebbe fatto adesso?
Presa dai sensi di colpa si ricordò di Josephine, non poteva permettere che la donna subisse il suo stesso destino, non poteva lasciare che diventasse un mostro.
La ritrovò ancora accasciata nelle cucine, quando sentì i passi di Deanna alzò lo sguardo e le sussurrò: “H-ho sete, tanta sete.”

Deanna si chinò su di lei e le carezzò la testa.

Ho paura.” la voce di Josephine era così flebile che non l'avrebbe sentita se non le fosse stata proprio accanto.

Lo so Josephine. Anche io ne ho ma ti prometto che presto non ne avrai più.” le mise le mani attorno alla testa e con una secca rotazione le ruppe l'osso del collo. “Mi dispiace.” sussurrò carezzando il corpo della donna rovinatole addosso.
Sperò che ciò potesse bastare, non ne sapeva molto sui vampiri ma ipotizzò che Josephine non aveva ancora completato la metamorfosi per cui era ancora umana.

Poi semplicemente corse, si tuffò nel buio della notte senza una meta precisa, corse, corse a perdifiato immune dalla stanchezza e dal freddo.


1900 Londra

Una bellissima donna guardava alla finestra avvolta in un lungo mantello nero, i capelli raccolti in sinuose onde vermiglie le ricadevano sulla schiena.

Deanna sento che tu ancora non accetti la tua natura, nonostante siano passati molti anni.” la voce calda di Vladimir avrebbe potuto farle venire i brividi se solo fosse stata ancora umana e non una vampira fredda e incapace di provare emozioni. “Non potevo pensare di vivere in eterno senza di te, lo sai. Era inevitabile che io ti rendessi simile a me.” le disse avvicinandosi a lei da dietro e stringendola in un abbraccio mentre le scostava i capelli dal collo.
Io ti ho amata dal primo momento in cui ti ho vista.”

Deanna si voltò appoggiando le mani al petto ampio dell'uomo e incrociò il suo sguardo azzurro ghiaccio.
Si, lo so. Ma mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se non mi avessi trasformata quella notte.” confessò abbassando lo sguardo.

Avresti vissuto una vita insulsa come tutti gli esseri umani e i tuoi giorni sarebbero finiti nel giro di pochi anni. Io invece ti ho donato la vita eterna, l'eterna giovinezza, il tuo corpo sarà sempre pieno di fascino e giovane come lo era allora. Ti ho donato una vita insieme a me.” portò un dito sotto al suo mento obbligandola ad incrociare nuovamente il suo sguardo prima di baciarla con passione.

Ma a che prezzo? Uccidendo esseri umani per acquietare la sete che ci tormenta, potendo uscire solo di notte, dovendoci nascondere dal mondo intero, obbligati a scappare ogni 20 anni per paura di dare nell'occhio. Dimmi tu se questa è vita.” mormorò Deanna allontanandosi da lui.

Io ti amo Deanna. Averti accanto è l'unica ragione che mi permette di convivere con la mia natura di vampiro.” le disse prima di uscire dalla stanza e lasciarla sola con i propri pensieri.

La donna si sedette sul divano porpora e lasciò che la mente la riportasse indietro nel tempo.
Vladimir le si era ripresentato davanti diverso tempo dopo la sua fuga dal castello, le aveva offerto un posto in cui vivere e promesso di salvarla dalla solitudine.
E così aveva fatto portandola in Francia dove con pazienza le aveva insegnato a prendere dimestichezza con il nuovo corpo, a cacciare cibandosi di persone ai margini della società e che la cui scomparsa non avrebbe destato troppi problemi.
Le aveva donato amore incondizionato standole accanto nell'unico modo a loro concesso, uniti e soli al mondo, creature della notte destinate a vivere per sempre.
Deanna aveva creduto che sarebbe bastato, che prima o poi si sarebbe dimenticata della sua vita precedente, delle persone che aveva ucciso ma, nonostante lo scorrere degli anni, i ricordi erano ancora vivi in lei.
Odiava se stessa, odiava ciò che era e, in fondo al cuore, provava rancore per Vladimir che l'aveva costretta a quella vita.
Eppure lo amava e non avrebbe potuto avere compagno migliore, è solo che non bastava, tutto questo non bastava a donarle la volontà di vivere in eterno.
Lentamente si alzò e tornò alla finestra lasciando vagare lo sguardo al di fuori.
Si.” si disse “Vladimir avrebbe capito.”


Vladimir, spinto da uno strano presentimento, si alzò e tornò in salotto dove aveva lasciato Deanna pensierosa.
Deanna.”
La chiamò invano. Lo sguardo si fermò sulla finestra aperta e il presentimento oscuro si fece ancor più forte nel suo petto.
Con le gambe pesanti si sforzò di affacciarsi per guardare di sotto.
Un urlo scaturì dalla gola lasciandolo svuotato.
Il corpo di Deanna giaceva infilzato sulla ringhiera sottostante.
Vladimir sapeva bene che per lei non vi era più nulla da fare, si era gettata in modo che la lancia le trapassasse il cuore, l'unico modo in cui un vampiro poteva trovare la morte.
Infine Deanna aveva scelto di lasciarlo, l'odio verso se stessa era stato più forte dell'amore.
Come avrebbe fatto ora senza di lei? Senza l'unica luce della sua vita?
No, non sarebbe mai più tornato alla vita solitaria che per anni aveva condotto prima di incontrarla.
Non sarebbe mai più stato senza di lei, non aveva senso vivere in eterno se non poteva averla accanto a sé.
Si sporse dalla finestra e chiuse gli occhi, poi fece un unico passo avanti sentendo la terra mancargli sotto ai piedi.
Cadde sopra di lei trafitto dalla stessa lancia.

Fu quella la fine di Vladimir e Deanna, uniti nella vita dopo la morte ed ora, finalmente, in pace.
FINE







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