Ciao lettori, come state?
Come sapete, a inizio anno ho dato il via ad una nuova rubrica a cui tengo particolarmente: si tratta di Un'immagine, una storia.
Come sapete, a inizio anno ho dato il via ad una nuova rubrica a cui tengo particolarmente: si tratta di Un'immagine, una storia.
In poche e semplici parole consiste nel cercare in internet immagini scegliendo quelle che più mi colpiscono.
Dopo averle salvate e riguardate attentamente lascio che la mia fantasia faccia il resto, inventando di sana pianta una storia ispirata proprio a quell'immagine.
Chiedo venia perché le storie sono completamente inventate da me, miei sono i personaggi e mio lo stile della scrittura.
Spero che questa rubrica riscuota abbastanza successo perché ci tengo davvero moltissimo.
Ecco quindi per voi la terza delle 12 storie che pubblicherò, in questa rubrica, nel corso dell'anno, questa parla di vampiri, amore e disperazione.
Buona lettura.
Amore eterno.
1790
Scozia.
Deanna
incrociò lo sguardo della serva e le regalò un sorriso nervoso
prima di tornare a guardare il proprio riflesso nello specchio,
cercando di rilassarsi sotto le spazzolate lente della donna che si
stava occupando dei suoi capelli.
“Signorina
Deanna non avete ragione di essere nervosa, siete bellissima come
sempre. Sono certa che farete un figurone al ballo di questa sera.”
tentò di rassicurarla la donna posando la spazzola e dando un
ultimo tocco con le dita.
La
giovane si guardò nuovamente nello specchio ma tutto ciò che vedeva
era una ragazza dalle guance rosee, un viso sottile, occhi grandi di
un nocciola quasi dorato incorniciati da una lunga cascata di boccoli
rosso ramato. Niente traccia della bellezza sbalorditiva che tutti
decantavano quando parlavano di lei.
Tornò
a guardare la donna attraverso lo specchio con aria sconsolata.
“Josephine
guardami, sono tutto fuorché bellissima. Sono certa che durante il
ballo inciamperò nei miei stessi piedi e stramazzerò al suolo come
un sacco di patate.”
La
serva la invitò ad alzarsi e le carezzò il viso dolcemente,
nonostante Josephine fosse una delle numerose serve della famiglia
McAdams, aveva instaurato con Deanna un rapporto che andava oltre
quello tra serva e padrone , si poteva più paragonarla ad una zia.
“Signorina
vorrei tanto che lei potesse vedersi con occhi esterni, si renderebbe
conto di quanto affermo.” le disse con il dispiacere nello sguardo,
odiava quando Deanna si sminuiva e si dimostrava insicura di se
stessa.
In
realtà la sua bellezza era tra le più rare ma lei nemmeno se ne
accorgeva.
Qualcuno
bussò alla porta interrompendole.
“Tesoro
non farti attendere molto, sono già arrivati quasi tutti gli
invitati, aspettano solo di vederti.” la voce della madre filtrò
attraverso lo spesso legno della porta.
“Fammi
gli auguri Josephine e prega affinché non faccia una delle mie
solite figuracce.” disse alla donna prima di dirigersi verso la
porta e recarsi di sotto nel grande salone del castello.
Deanna
si guardò attorno sentendosi fuori luogo.
Sebbene
si fosse accorta degli sguardi ammirati dei presenti si sentiva a
disagio in quel vaporoso abito verde smeraldo, soffocata dallo
stretto corsetto e i piedi che cominciavano a dolerle nelle scarpe
scomode.
Fece
un passo indietro per permettere al cameriere con il vassoio del vino
di passare e la sua schiena urtò qualcosa di solido facendola
trasalire.
Si
voltò sorpresa e si ritrovò faccia a faccia con un uomo dallo
sguardo azzurro più limpido che avesse mai visto in una persona.
Guardando
in fondo a quegli occhi chiari la sensazione di disagio crebbe
inspiegabilmente.
“M-mi
scusi...” balbettò incapace di distogliere lo sguardo.
L'uomo,
dopo essersi preso tutto il tempo per osservarla da capo a piedi,
fece un sorriso malizioso e disse con voce vellutata: “La signorina
Deanna immagino. Mi avevano parlato di quanto la sua bellezza fosse
fiorente ma, vedendola di persona, posso affermare che non esistono
parole per descriverla senza sminuirla.”
Deanna
arrossì violentemente distogliendo lo sguardo imbarazzata.
“Mi
scusi, sono stato troppo sfacciato forse, le chiedo perdono.” si
scusò l'uomo sempre guardandola con quell'aria maliziosa che la
spaventava e allo stesso tempo rendeva euforica.
“Le
posso offrire un bicchiere di vino in terrazza? Questa confusione mi
ha fatto venire il mal di testa.” propose il ragazzo cercando un
cameriere con lo sguardo.
“Ecco
io...non...” Deanna provò ad inventare una scusa su due piedi ma
non era mai stata capace di mentire, nemmeno da piccola.
Ma
il ragazzo non parve nemmeno sentirla mentre si dirigeva verso il
cameriere, prendeva due calici dal vassoio e gliene allungava uno.
“Grazie...”
riuscì solo a dire lei prima che lui le appoggiasse una mano sulla
schiena incamminandosi verso la terrazza.
Deanna
trasalì, la mano dell'uomo era terribilmente fredda nonostante il
tessuto che la divideva dalla sua pelle.
Mentre
sorseggiava il vino la giovane sbirciò la figura snella e le spalle
larghe del ragazzo mentre le dava la schiena appoggiandosi al
parapetto e inspirando la piacevole brezza di metà maggio.
Non
si poteva certamente non notare un uomo simile.
I
tratti del viso mascolini eppure fini, i capelli scuri come l'ebano
legati da un nastro blu in tinta con la giacca elegante che portava
sopra una camicia bianca di seta, la vita snella e le lunghe gambe
muscolose.
Il
ragazzo si girò e, accorgendosi dello sguardo ammirato sul viso di
Deanna, lasciò che un sorrisetto gli increspasse le labbra carnose.
“Che
maleducato, non mi sono nemmeno presentato. Sono Vladimir Xanders.”
e detto questo fece un piccolo inchino prendendo la mano di Deanna e
depositandovi un lieve bacio.
Deanna
arrossì nuovamente eppure, nonostante l'imbarazzo non riuscì a
sottrarre la mano dalla presa dolce di Vladimir. C'era qualcosa in
lui che la incantava e allo stesso tempo la impauriva.
“Non
siete di queste parti vero?” gli chiese curiosa incastrando il suo
dolce sguardo nocciola in quello gelido di lui.
“Avete
indovinato, vengo da un paese lontano in realtà ma ora non voglio
annoiarla raccontandole della mia terra lontana, bensì voglio bearmi
della sua bellezza e ascoltare la sua voce dolce.” disse il ragazzo
avvicinandosi di un paio di passi sempre tenendole la mano.
Deanna
retrocesse istintivamente finendo con la schiena contro il muro ma
ancora incapace di sottrarsi alla stretta dell'uomo, ne di
distogliere lo sguardo.
Il
cuore prese a scalpitarle nel petto e la gola si seccò all'istante
mentre lui si chinava su di lei socchiudendo gli occhi limpidi.
“Adesso
che succede?” si chiese la ragazza in preda all'agitazione.
Vladimir
lasciò indugiare lo sguardo sulle labbra rosse di Deanna, le ciglia
lunghe le solleticarono la guancia mentre lui si chinava ancora
incontrando finalmente le sue labbra.
Sentendo
le sue labbra fredde e dure sulle sue il primo istinto di Deanna fu
quello di respingerlo e scappare ma, più il bacio si faceva
insistente e più lei sentiva cadere la barriera della sua diffidenza
finché non si lasciò andare completamente fra le braccia forti del
ragazzo.
I
baci si fecero sempre più intensi, mentre le gambe minacciavano di
cederle, si aggrappò quindi a lui e si lasciò andare mentre
Vladimir staccava il viso dal suo per riprendere fiato e guardarla
dritto negli occhi visibilmente fuori controllo.
Non
seppe dove trovò il coraggio ma questa volta fu Deanna ad alzarsi in
punta di piedi facendo si che le loro labbra si incontrassero
nuovamente.
Persa
in nuove sensazioni mai provate prima, si accorse vagamente che le
labbra di Vladimir avevano lasciato le sue per farsi spazio sulla
guancia, scendendo verso la mandibola, per poi portarsi sul collo
delicato della giovane.
Una
volta lì Deanna si accorse con sorpresa che Vladimir le stava
delicatamente leccando la carne tenera della gola scoperta, quasi
come se volesse assaggiarla.
Si
lasciò scappare un flebile mugolio mentre Vladimir le stampava un
bacio proprio dove il suo cuore batteva forte attraverso le vene.
Poi
d'improvviso un dolore acuto la attraversò come una scarica subito
scacciato da un senso di confusione e libidine che non aveva mai
provato prima d'ora.
Strinse
i capelli morbidi di Vladimir e reclinò la testa all'indietro
offrendogli maggior accesso alla gola in preda a brividi di passione,
la mente sempre più annebbiata finché non fu tutto nero intorno a
lei.
Deanna
venne trovata svenuta sulla terrazza, febbricitante ed infreddolita
dal padre che la portò immediatamente nella sua stanza, la coprì
con le coperte più calde che trovò e impose alla servitù di
vegliarla fino a quando non si fosse risvegliata.
I
giorni passavano ma Deanna non accennava a svegliarsi, la febbre salì
a limiti vertiginosi e la pelle si ricoprì di sudore freddo.
Il
suo incarnato roseo iniziò ad assumere un pallore cadaverico mentre
profonde occhiaie le incorniciavano gli occhi, il corpo sempre più
freddo.
I
dottori non sapevano quale fosse la malattia da cui era affetta
Deanna, seppur avessero discusso con i medici più rinomati di tutta
la Scozia. Dispiaciuti ed esausti dissero al conte e alla contessa
McAdams che l'unica soluzione possibile era affidarsi alla fede e
pregare Dio affinché guarisse la ragazza.
La
prima cosa che Deanna vide quando aprì gli occhi fu il soffitto
della propria camera.
Si
tirò su lentamente guardandosi attorno, la luce che filtrava dalla
finestra le dava fastidio agli occhi così se li coprì per un
momento ma, quando tolse la mano, la situazione non era cambiata
affatto.
Mugolando
infastidita scese dal letto e si diresse in corridoio. Una calma
innaturale aleggiava intorno a sé, se ne chiese il motivo. Sapeva
che al castello vi era sempre lo scalpiccio della servitù impegnata
nelle faccende di casa o semplicemente ad eseguire un ordine della
madre o del padre.
Rimase
immobile ma non captò nessun rumore, nemmeno il più flebile, il
silenzio regnava sovrano.
Mentre
camminava per il corridoio notò la porta di una delle camere aperte
e quindi varcò la soglia per dare un'occhiata.
Un
urlò le rimase incastrato in gola: vi erano 3 serve riverse a terra
prive di vita, i volti pallidi e le labbra violacee, gli occhi
sbarrati e vitrei rivolti al soffitto.
Corse
via dalla stanza e si accasciò contro il muro reprimendo un conato
contro la mano.
“Cosa
poteva essere successo?” si domandò mentre cercava la forza di
reagire.
Doveva
cercare i genitori, non era possibile che nessuno si fosse accorto
della morte delle tre donne.
Si
alzò tremante e proseguì lungo il corridoio fino alla stanza dei
genitori, la porta spalancata e le impronte di sangue sul muro le
dissero, ancor prima di vederne i corpi, che la stessa sorte era
toccata anche loro.
La
madre giaceva sul letto, il volto terrorizzato, il padre era steso a
pancia in giù sul pavimento, forse aveva provato a strisciare in
corridoio, forse cercava aiuto ma doveva essere morto nell'intento.
Entrambe
mostravano due segnetti lividi alla base della gola come se qualcosa
li avesse trafitti, forse un pugnale, o forse una forbice.
La
cosa strana era che, a parte le impronte sul muro, non vi era traccia
di sangue sui corpi.
Schockata
dalla visione dei genitori morti e incapace di proferire parola per
via della gola asciutta come il deserto, prese a correre per il
castello con le mani nei capelli e le lacrime che le offuscavano la
vista.
Scese
le scale e ciò che trovò le ghiacciò il sangue nelle vene: il
salone era cosparso di uomini e donne, chi riverso sui divani, chi a
terra, chi addirittura sul tavolo, tutti morti e con quegli strani
forellini nella gola.
Un
massacro, ecco cos'era. Sempre più incredula e disperata scese
ancora nelle cucine trovando lo stesso identico scenario.
Abbattuta
si lasciò cadere a terra prendendosi la testa tra le mani.
Un
flebile lamento, proveniente da dietro il bancone, le giunse
all'orecchio.
Speranzosa
si diresse in quella direzione e trovò Josephine, il volto pallido e
le occhiaie violacee ma viva.
“Josephine!
Josephine cos'è successo?” le corse accanto carezzandole i
capelli.
La
donna sembrò fare fatica a metterla a fuoco ma quando finalmente la
riconobbe una lacrima le scese dagli occhi.
“S-stai
lontano da me mostro!” urlò la donna in preda ai tremori.
Deanna
scosse la testa.
“Che
cosa è successo? Chi ha fatto tutto questo?” le chiese
stringendole la mano.
La
donna ritrasse la mano e cercò invano di allontanarsi da lei.
“Josephine
ti prego dimmi cosa è successo!” le chiese nuovamente Deanna
confusa.
Josephine
si tirò a sedere appoggiando la schiena al bancone il più lontano
da lei possibile.
“S-sei
stata tu mostro. Hai ucciso tutti quanti!” le urlò con rabbia e
terrore.
Deanna
si guardò attorno poi tornò a fissare quella donna che tanto amava.
“I-io
non ho fatto nulla, Josephine sei confusa e spaventata, la tua mente
ti sta giocando un brutto tiro. Cerca di ricordare, chi ha fatto
tutto questo? Quando?” le chiese implorante.
Ma
Josephine si limitò a guardarla con odio stringendosi le ginocchia
al petto.
La
ragazza allora mosse un passo verso la serva per prenderle nuovamente
la mano ma essa si ritrasse urlando.
“Non
mi toccare! Tu sei stata tu ad uccidere tutti, hai tentato di
uccidere anche me!”
“Ma
non è possibile, non sono stata io! Come avrei potuto farlo?!” la
testa cominciò a girarle e la vista si offuscò nuovamente, le gambe
cedettero facendola cadere in ginocchio sul gelido pavimento.
Josephine
prese a piangere più forte guardandosi attorno, ovunque corpi
pallidi e accasciati scompostamente.
“I-io
non so cosa tu sia ma so bene ciò che ho visto. Tu, mostro, hai
attaccato tutte queste persone e...” un profondo singhiozzo le
spezzò la voce “e poi hai attaccato anche me. T-ti sei nutrita del
loro sangue e poi hai attaccato anche me. M-mi hai...m-mi hai morsa e
poi...poi...” s'interruppe incapace di continuare. Non ricordava
cos'era successo dopo, i suoi ricordi tornavano nitidi solo qualche
ora prima, quando si era risvegliata e aveva trovato il massacro
intorno a sé.
“M-ma
io non posso averlo fatto...” mormorò Deanna più a se stessa che
a Josephine. Nonostante questo però una sensazione strana si stava
impossessando di lei, una sensazione che non le piaceva per niente.
Josephine
prese a dondolare avanti e indietro singhiozzando.
“N-non
so cosa sei ne perché mi hai risparmiato ma devi andartene via!
Vattene via mostro!” e dopodiché prese a strapparsi i capelli
scuotendo la testa così forte che Deanna si stupì del fatto che non
si staccasse dal collo.
Spaventata
e confusa si alzò e corse via.
In
corridoio vi era un grande specchio a parete intera che la madre
aveva voluto un paio d'anni prima per il compleanno e in cui lei
amava specchiarsi.
Tremante
avanzò in modo da poter vedere il proprio riflesso, non sapeva cosa
aspettarsi in realtà.
Quel
che vide la spaventò a morte: riflessa nello specchio vi era una
ragazza che le somigliava nelle fattezze ma che non poteva essere
lei.
I
lunghi capelli rossi erano annodati e sporchi, appiccicati alla
fronte da quello che sembrava sangue secco che le sporcava anche la
bocca scendendo giù per la scollatura della camicia da notte.
Gli
occhi segnati da profonde occhiaie avevano perso la loro lucentezza
ed ora apparivano spenti e vuoti.
E
poi li vide: due segni lividi sul collo e si ricordò di Vladimir.
Un
urlo disperato le uscì dalla gola, così forte da lederle
irrimediabilmente le corde vocali.
“Mostro!”
la voce di Josephine le martellò la mente mentre prendeva atto di
quel che era in realtà: un mostro.
Il
gusto del sangue in bocca la fece vomitare proprio lì sul pavimento,
stralci di ricordi apparvero vivi e prepotenti nella sua mente.
Persone
che urlavano cercando di scappare e lei, che senza pietà ne
aggrediva una dietro l'altra, prosciugandone il sangue e gettandoli a
terra subito dopo.
Si
mise una mano sul cuore credendo che le si sarebbe spezzato in petto,
solo allora si accorse che il suo cuore vi giaceva silenzioso, nessun
battito sotto le dita.
“Perché
io?!” urlò a se stessa o forse a Dio.
Non
seppe per quanto tempo rimase stesa a terra a piangere, o almeno a
provarci visto che anche le lacrime sembravano averla abbandonata per
sempre.
Ma
quando finalmente trovò la forza di alzarsi si diresse
istintivamente al grande e pesante portone d'ingresso, non era più
posto per lei quello, doveva andare via prima che qualcuno la
trovasse.
Si
girò un ultima volta a guardare l'interno del castello, quello che
era stato da sempre la sua casa. Cosa avrebbe fatto adesso?
Presa
dai sensi di colpa si ricordò di Josephine, non poteva permettere
che la donna subisse il suo stesso destino, non poteva lasciare che
diventasse un mostro.
La
ritrovò ancora accasciata nelle cucine, quando sentì i passi di
Deanna alzò lo sguardo e le sussurrò: “H-ho sete, tanta sete.”
Deanna
si chinò su di lei e le carezzò la testa.
“Ho
paura.” la voce di Josephine era così flebile che non l'avrebbe
sentita se non le fosse stata proprio accanto.
“Lo
so Josephine. Anche io ne ho ma ti prometto che presto non ne avrai
più.” le mise le mani attorno alla testa e con una secca rotazione
le ruppe l'osso del collo. “Mi dispiace.” sussurrò carezzando il
corpo della donna rovinatole addosso.
Sperò
che ciò potesse bastare, non ne sapeva molto sui vampiri ma ipotizzò
che Josephine non aveva ancora completato la metamorfosi per cui era
ancora umana.
Poi
semplicemente corse, si tuffò nel buio della notte senza una meta
precisa, corse, corse a perdifiato immune dalla stanchezza e dal
freddo.
1900
Londra
Una
bellissima donna guardava alla finestra avvolta in un lungo mantello
nero, i capelli raccolti in sinuose onde vermiglie le ricadevano
sulla schiena.
“Deanna
sento che tu ancora non accetti la tua natura, nonostante siano
passati molti anni.” la voce calda di Vladimir avrebbe potuto farle
venire i brividi se solo fosse stata ancora umana e non una vampira
fredda e incapace di provare emozioni. “Non potevo pensare di
vivere in eterno senza di te, lo sai. Era inevitabile che io ti
rendessi simile a me.” le disse avvicinandosi a lei da dietro e
stringendola in un abbraccio mentre le scostava i capelli dal collo.
“Io
ti ho amata dal primo momento in cui ti ho vista.”
Deanna
si voltò appoggiando le mani al petto ampio dell'uomo e incrociò il
suo sguardo azzurro ghiaccio.
“Si,
lo so. Ma mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se non mi avessi
trasformata quella notte.” confessò abbassando lo sguardo.
“Avresti
vissuto una vita insulsa come tutti gli esseri umani e i tuoi giorni
sarebbero finiti nel giro di pochi anni. Io invece ti ho donato la
vita eterna, l'eterna giovinezza, il tuo corpo sarà sempre pieno di
fascino e giovane come lo era allora. Ti ho donato una vita insieme a
me.” portò un dito sotto al suo mento obbligandola ad incrociare
nuovamente il suo sguardo prima di baciarla con passione.
“Ma
a che prezzo? Uccidendo esseri umani per acquietare la sete che ci
tormenta, potendo uscire solo di notte, dovendoci nascondere dal
mondo intero, obbligati a scappare ogni 20 anni per paura di dare
nell'occhio. Dimmi tu se questa è vita.” mormorò Deanna
allontanandosi da lui.
“Io
ti amo Deanna. Averti accanto è l'unica ragione che mi permette di
convivere con la mia natura di vampiro.” le disse prima di uscire
dalla stanza e lasciarla sola con i propri pensieri.
La
donna si sedette sul divano porpora e lasciò che la mente la
riportasse indietro nel tempo.
Vladimir
le si era ripresentato davanti diverso tempo dopo la sua fuga dal
castello, le aveva offerto un posto in cui vivere e promesso di
salvarla dalla solitudine.
E
così aveva fatto portandola in Francia dove con pazienza le aveva
insegnato a prendere dimestichezza con il nuovo corpo, a cacciare
cibandosi di persone ai margini della società e che la cui scomparsa
non avrebbe destato troppi problemi.
Le
aveva donato amore incondizionato standole accanto nell'unico modo a
loro concesso, uniti e soli al mondo, creature della notte destinate
a vivere per sempre.
Deanna
aveva creduto che sarebbe bastato, che prima o poi si sarebbe
dimenticata della sua vita precedente, delle persone che aveva ucciso
ma, nonostante lo scorrere degli anni, i ricordi erano ancora vivi in
lei.
Odiava
se stessa, odiava ciò che era e, in fondo al cuore, provava rancore
per Vladimir che l'aveva costretta a quella vita.
Eppure
lo amava e non avrebbe potuto avere compagno migliore, è solo che
non bastava, tutto questo non bastava a donarle la volontà di vivere
in eterno.
Lentamente
si alzò e tornò alla finestra lasciando vagare lo sguardo al di
fuori.
“Si.”
si disse “Vladimir avrebbe capito.”
Vladimir,
spinto da uno strano presentimento, si alzò e tornò in salotto dove
aveva lasciato Deanna pensierosa.
“Deanna.”
La
chiamò invano. Lo sguardo si fermò sulla finestra aperta e il
presentimento oscuro si fece ancor più forte nel suo petto.
Con
le gambe pesanti si sforzò di affacciarsi per guardare di sotto.
Un
urlo scaturì dalla gola lasciandolo svuotato.
Il
corpo di Deanna giaceva infilzato sulla ringhiera sottostante.
Vladimir
sapeva bene che per lei non vi era più nulla da fare, si era gettata
in modo che la lancia le trapassasse il cuore, l'unico modo in cui un
vampiro poteva trovare la morte.
Infine
Deanna aveva scelto di lasciarlo, l'odio verso se stessa era stato
più forte dell'amore.
Come
avrebbe fatto ora senza di lei? Senza l'unica luce della sua vita?
No,
non sarebbe mai più tornato alla vita solitaria che per anni aveva
condotto prima di incontrarla.
Non
sarebbe mai più stato senza di lei, non aveva senso vivere in eterno
se non poteva averla accanto a sé.
Si
sporse dalla finestra e chiuse gli occhi, poi fece un unico passo
avanti sentendo la terra mancargli sotto ai piedi.
Cadde
sopra di lei trafitto dalla stessa lancia.
Fu
quella la fine di Vladimir e Deanna, uniti nella vita dopo la morte
ed ora, finalmente, in pace.
FINE
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